Dottoressa Sonia Toni

 

Dottoressa Sonia Toni

Responsabile Diabetologia Pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze prefazione del libro “La forza che ho dentro” di Iacopo Ortolani

Uno dei motivi che hanno spinto Iacopo Ortolani a scrivere la sua testimonianza è quello di evitare ad altri di vivere la sua esperienza ed io sento come compito, tacitamente affidatomi dall’autore, quello di affiancarmi a lui per rafforzare l’informazione sui sintomi che un bambino può presentare all’esordio del diabete, affinché non ci siano ripensamenti, ritardi, false credenze che possano portare ad un ritardo nella diagnosi.

Oman Craig diceva “il diabete è una diagnosi facile, se la si ha in mente”, io voglio sottolineare che se non si fa prontamente diagnosi il bambino con diabete arriva in ospedale in condizioni molto gravi, gravissime, con pericolo immediato per la vita o con possibilità di esiti sfavorevoli a distanza.
Ed allora, ecco come il diabete arriva, inizialmente quasi in punta di piedi … con sintomi banali: il bambino urina spesso, chiede da bere di giorno, di notte, ma d’estate si pensa al caldo, se il bambino è piccolo si pensa all’eruzione dei denti; poi il bambino può riprendere a fare pipì a letto, e a confonderci ci viene in mente che possa essere il disagio di un insuccesso scolastico o la paura di un esame o lo stress; e il bambino, intanto comincia ad essere stanco, a dimagrire, possono comparire dolori addominali, bruciore quando fa la pipì; poi può comparire il vomito e un respiro affannoso e quell’alito che sa di acetone e le labbra screpolate e gli occhi incavati e poi il sopore e il coma: tutto questo si può avverare in pochi giorni.

E se anche qualcuno in famiglia pensa che questi possono essere i sintomi del diabete, c’è sempre qualcun altro che crede che il diabete sia una malattia solo degli adulti o addirittura degli anziani e che semplicemente basti mettere a dieta il bambino e che tutto passerà.
Tutto questo fa parte del quadro clinico di un diabete all’esordio e, a seconda del momento della diagnosi e quindi della gravità, il trattamento può richiedere da poche ore di cure per il riequilibrio, fino al ricovero in un reparto di terapia intensiva con necessità di sostegno per il respiro, per il cuore, per la circolazione.
Con la necessità di quei tubi che ci descrive Iacopo con il dramma di un genitore che si trova a vivere tutto questo sul proprio figlio, su quel corpicino quasi aggredito e violato dalle cure intensive: “aveva già tubi e cateteri dovunque” e che porta i genitori a rifiutare un ulteriore, disperato tentativo proposto dai medici per ridurre la compressione cerebrale perché vogliono risparmiare al loro angelo almeno quei suoi riccioli d’oro.
Da questo profondo dolore è nato però il barlume della speranza; quando tutto sembrava spegnersi, Plinio ha deciso che comunque la vita meritava di essere vissuta e ha ricominciato a salire la china del precipizio nel quale la malattia lo aveva spinto, e a poco a poco ha ripreso il cammino accanto alla sua famiglia.

E Iacopo sente il bisogno di testimoniare la sua esperienza, demandando quasi inconsciamente al racconto la catarsi di un dramma per allontanare l’incubo di quei ricordi: questo libro oltre a essere testimonianza, diventa quindi terapia, la terapia della medicina narrativa.
Per concludere una riflessione è d’obbligo, sia come pediatra coinvolto pienamente nella cura di Plinio, che come lettore privilegiato di questo racconto autobiografico: alla base della teoria della medicina narrativa c’è che chi racconta di se stesso si troverà differente al termine del racconto e lo stesso vale per chi ascolta. Ebbene, posso testimoniare che questo cambiamento c’è stato e mi auguro che ogni individuo che vorrà leggere queste pagine trovi in se stesso “la forza che ho dentro” e riesca a vivere i valori che con l’esempio e con il racconto di semplici gesti quotidiani vivono pienamente Iacopo e la sua famiglia.

L’ultimo pensiero per Plinio, un bambino speciale che ha dimostrato tanta forza, che ha vinto una battaglia quasi impossibile e che è lanciato verso un futuro importante, è vero, “diversamente glicemico”, ma la vita non si misura in valori di glicemia, ma in valori e basta e l’insegnamento di quelli veri a Plinio non è mai mancato.